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L’associazione dell’industria chimica europea, Cefic, ha esortato l’Agenzia europea per le sostanze chimiche Echa a garantire una migliore rappresentanza dell’industria nella sua consultazione sulle restrizioni proposte sulle sostanze perfluoroalchiliche, gli PFAS (di cui parliamo a pagina 22 del numero di Luglio/Agosto della rivista, che potete sfogliare qui).

Cefic ha invitato il “comitato di valutazione dei rischi” (RAC = risk assessment committee) dell’Echa a prendere in considerazione i modi per consentire la partecipazione di tutte le parti al processo di restrizione; infatti, come testimoniato dai verbali della riunione plenaria dell’Echa del 7 giugno, a causa dei posti limitati non tutti i settori industriali hanno potuto seguire queste discussioni e così il Cefic ritiene che molte parti interessate non avranno l’opportunità di comprendere appieno il processo e di far ascoltare le loro preoccupazioni.

Cefic ha poi informato il RAC di aver creato una “piattaforma di collaborazione” che comprende più di 130 parti in settori industriali che potrebbero essere interessati alle restrizioni PFAS. Questi settori includono: automotive, aerospaziale, salute, scienze della vita, tessile, digitale, agroalimentare, edilizia, elettronica, energie rinnovabili e industrie ad alta intensità energetica. Industrie fondamentali per le iniziative dell’UE, come Green Deal, EU Chips Act e EU4Health, che potrebbero essere fortemente impattate dalle restrizioni PFAS, ha osservato Cefic.

La piattaforma ritiene che il periodo di consultazione di sei mesi sia troppo breve per coprire 10.000 sostanze utilizzate in molte catene di valore complesse.
Inoltre, Cefic ha affermato che non tutte le parti, in particolare le PMI, hanno le risorse per comprendere e valutare l’impatto di ciò a livello nazionale, europeo e regionale.
Il Cefic ha continuato chiedendo che il RAC consideri l’applicabilità delle proposte PFAS, in particolare in termini di garantire condizioni competitività per le aziende dell’Unione Europea, ponendo la necessaria attenzione per evitare che i materiali non UE ricevano un trattamento preferenziale rispetto ai prodotti locali attraverso l’uso delle deroghe.
Il Cefic ha inoltre sottolineato la difficoltà associate alla misurazione dei limiti di concentrazione proposti, su più supporti e tipi di prodotto.

Nel frattempo, l’associazione ha affermato di aver commissionato un’indagine scientifica ad ampio spettro su diversi PFAS, esaminando le loro principali caratteristiche “fisico-chimiche”, i rischi per la salute umana e il rischio ecologico.

Secondo Cefic, lo studio mostrerebbe che gli PFAS “non sono tutti uguali” e che saranno presto sottoposti a revisione nell’ambito del processo di consultazione sulla questione.
L’ente del settore sta inoltre “inventariando” gli PFAS nelle apparecchiature utilizzate dall’industria chimica, compreso lo stato delle alternative, laddove esistenti, valutando l’uso estensivo di PFAS nella produzione di sostanze chimiche e il loro ruolo nel garantire il funzionamento sicuro ed efficiente nei siti produttivi.

Da questo studio è probabile emerga la necessità di deroga sugli PFAS nell’industria chimica, ha sottolineato la dichiarazione del Cefic.

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