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I guanti monouso in gomma sono uno dei prodotti di cui è cresciuto maggiormente il consumo nel mondo a causa dell’epidemia di Covid-19. Ogni mese il mercato richiede circa 80 milioni di paia di guanti utilizzati dalle equipe mediche degli ospedali. Sono di solito realizzati in gomma naturale, che però, a causa del contenuto di alcune proteine, possono provocare allergie, ma soprattutto in gomma sintetica, con un livello di biodegradabilità inferiore, tanto da richiedere oltre 100 anni prima di essere completamente smaltiti in una discarica. Le stime di crescita di questo mercato ipotizzano un fatturato globale di 70 miliardi di dollari entro il 2027.

Ora, l’università britannica di Cranfield, in collaborazione con il produttore malese Meditech Gloves, ha messo a punto un processo che consente, con un minimo consumo di energia, di privare la gomma naturale delle proteine che causano le allergie, aprendo la possibilità di un maggiore utilizzo di questa materia prima nella produzione di guanti.

Il processo consente anche di utilizzare un metodo di produzione alternativo a quello comunemente utilizzato, che consiste nell’immersione di modelli di mano in una miscela di lattice di gomma naturale e di acqua, e comporta un notevole spreco di materiale oltre che un notevole consumo energetico per le fasi di asciugatura e vulcanizzazione. Il processo è ancora in fase sperimentale, testato nei laboratori di Meditech Gloves in Malesia. I ricercatori dell’Università di Cranfield stanno ora lavorando allo sviluppo di metodi di lavorazione del lattice grezzo per migliorare la biodegradabilità del prodotto finale.

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