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La ruota degli odori è uno strumento ben conosciuto nell’industria alimentare. Consente, per i cibi e soprattutto per i vini, di individuare non soltanto gli aspetti di pregio, ma anche, e soprattutto, i difetti. Per i vini odori come quello di “pipì di gatto”, di “straccio bagnato”, di “cuoio” o di “polvere da sparo” sono estremamente indicativi non soltanto dei vitigni utilizzati, ma anche degli additivi e, in certi casi, anche di errori commessi durante il processo di trasformazione.

Nessuno, finora, aveva però pensato di utilizzare il sistema della ruota degli odori per l’industria della gomma. Lo ha fatto un gruppo di ricercatori dell’Università del Nuovo Galles del Sud, con sede a Sydney, in Australia, appartenenti alla Scuola di Ingegneria civile e ambientale, e della Divisione Tecnologia e Ingegneria del Malaysian Rubber Board. Il team ha realizzato uno studio pubblicato nel numero di marzo della rivista scientifica Science of the Total Environment, pubblicata dalla prestigiosa casa editrice Elsevier e intitolato “Quantification of VOCs and the development of odour wheels for rubber processing”.

Che cos’hanno fatto gli scienziati australiani? Hanno considerato 14 diversi tipi di gomma e li hanno analizzati per catalogare i VOC, i composti organici volatili che producono in diverse fasi della loro “evoluzione”; in base al clone della pianta da cui vengono ricavati, che incide su alcune proprietà della gomma stessa, durante la “maturazione” e prima del trattamento a cui vengono sottoposti per renderli commerciabili. Mediante uno spettrometro hanno eseguito una gascromatografia di massa per individuare i vari composti organici che contengono e poi li hanno associati agli odori prodotti dalle 14 tipologie di gomma.

Ne sono scaturite informazioni interessanti. In particolare, durante l’estrazione dei composti volatili ad alta temperatura, cioè ai 120°C raggiunti durante l’essiccazione effettuata nella fase di produzione, è emersa una predominanza di acidi grassi volatili, come l’acido acetico, propanoico, butanoico, pentanoico ed esanoico, presenti a concentrazioni superiori alla soglia di percezione del loro odore. In altre fasi della “maturazione” della gomma, a temperatura ambiente, emergono odori prodotti da altre sostanze come derivati del benzene, seguiti da chetoni, aldeidi, esteri e acidi. La composizione delle emissioni prodotte durante lo stoccaggio della gomma (aspetto che può riguardare anche i magazzini dei distributori, e non soltanto dei produttori) è dominata dall’esprimersi di specifiche proprietà delle gomme, determinate dal contenuto di proteine e di umidità. Gli odori cambiano anche con le stagioni, che hanno un impatto importante sull’emissione dei composti organici volatili.

Osservati tutti questi aspetti, il team di studio ha effettuato una serie di misure analitiche e sensoriali per produrre ruote degli odori che possono essere usate come strumenti per individuare emissioni odorose indicative nei siti di processo della gomma. «La connessione», scrivono gli studiosi, «degli odori con le sostanze che li producono può facilitare la comunicazione tra chi li percepisce, cioè il pubblico, gli abitanti di un’area produttiva, e gli operatori e può suggerire strategie per ridurre l’impatto degli odori e sviluppare efficaci processi di abbattimento sui siti di produzione».

Il tema è di particolare attualità anche per la nostra Rubber Valley, dove più volte in passato le emissioni odorose provenienti dalla trasformazione della gomma sono state al centro delle attenzioni dell’opinione pubblica. Qui il link alla pubblicazione di Elsevier. Qui il codice doi per individuare l’articolo.

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Science of the Total Environment, 657 (2018) 154-168. doi:10.1016/j.scitotenv.2018.11.451

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