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L’occasione della fiera Plast è stata anche l’occasione per fare il punto sulla situazione dell’industria italiana delle macchine per la gomma-plastica. Durante un incontro con la stampa Mario Maggiani, direttore di Amaplast, l’associazione confindustriale di categoria, ha fornito indicazioni sull’eventuale impatto di dazi, introdotti dall’amministrazione Trump. «Si tratta – ha detto Maggiani – di provvedimenti che non riguardano direttamente le macchine, attrezzature e stampi per materie plastiche e gomma di origine italiana (ed europea). Fra l’altro, la produzione statunitense di settore non è sufficiente a coprire la domanda dei trasformatori locali e l’imposizione tariffaria (sia sui macchinari stessi sia su alcuni metalli per la relativa produzione) potrebbe paradossalmente tramutarsi in un vantaggio per i costruttori del nostro Paese, a scapito dei (pochi) costruttori locali e soprattutto dei produttori cinesi». In sintesi, sostiene Maggiani, è quindi possibile affermare che, per lo meno nel breve periodo e salvo l’espansione a ulteriori categorie, gli attuali dazi non rappresentano un problema per la nostra industria.

«Diversa invece la situazione – continua il direttore di Amaplast – se dal dazio in senso stretto si passa al più ampio concetto di sanzione. In effetti, abbiamo visto come la loro applicazione negli anni scorsi alla Russia, unitamente alla crisi economica del Paese originata fra l’altro dalla diminuzione del costo del petrolio e del gas naturale, abbia impattato sulle nostre esportazioni di settore. Nel 2017, per vero, le vendite di macchinari per plastica e gomma alla Russia hanno chiuso con un +67% che però non è stato sufficiente a recuperare quanto si era perso negli anni precedenti. Alcuni operatori sono comunque riusciti a vedere un lato positivo anche in queste sanzioni, dal momento che – si pensi al blocco delle importazioni di alcuni prodotti alimentari – il governo russo ha stimolato lo sviluppo di una locale industria manifatturiera, che ha portato come prima conseguenza un incremento degli acquisti di macchinari per il packaging di origine cinese (se di qualità non elevata) e italiana (se di alta gamma)».

Per quanto concerne l’Iran, infine, seppure la quasi totalità delle macchine del nostro settore non ricadano nell’ambito del dual use, le pratiche burocratiche che si devono seguire per esportare in tale paese hanno sicuramente impattato sulle vendite. «L’Iran – ha osservato Maggiani – fra l’altro è da sempre un partner che ha ottime relazioni con l’Italia e che ha fra l’altro sviluppato un’industria trasformatrice della plastica assolutamente degna di nota. Al di là dell’aspetto meramente formale delle sanzioni, vi è sicuramente la difficoltà che tutti i costruttori hanno nel gestire da un punto di vista finanziario le vendite. E’ cosa nota che la quasi totalità degli istituti di credito italiani – ma questo vale anche per quelli tedeschi e degli altri Paesi europei – preferisce evitare operazioni (anche la “banale” conferma di una lettera di credito) con imprese iraniane. Questo a tutt’oggi rappresenta il più grosso ostacolo alle relazioni commerciali con tale mercato».

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