ETRA, l’associazione europea del riciclo di pneumatici (European Tyre Recycle Association) ha diramato una comunicazione con la quale invita tutti i protagonisti del settore della produzione di turf artificiale ad unirsi nel rifiutare le accuse sul supposto impatto del granulato in gomma recuparato dai pneumatici fuori uso utilizzato per realizzare campi sportivi.
«Negli ultimi anni – osserva l’associazione – si sono moltiplicati segnalazioni, infondate, che la gomma riciclata ha un effetto dannoso sugli sportivi che entrano in contatto con lo strato di riempimento dei campi artificiali, in particolare i portieri. Eppure, nonostante almeno due decenni di ricerche su questo tema, finanziate dall’industria, dai governi e da gruppi di interesse pubblico, non esiste alcuna evidenza empirica che possa collegare la gomma dei pneumatici all’insorgenza di tumori».
La EPA, l’agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti, elenca 41 progetti indipendenti, nessuno dei quali ha individuato potenziali rischi nell’utilizzo di gomma da PFU per i campi sportivi. La Synthetic Turf Association ne conta altri 10. La pubblicazione del 2007 di ETRA, “Artificial Turf Compendium”, ne citava una cinquantina. Secondo uno studio citato da Ettore Musacchi di ETRA, e condotto a Torino, test comparativi hanno evidenziato che non esiste alcuna differenza sostanziale tra i campi in gomma e quelli naturali, per quanto riguarda il contenuto di potenziali contaminanti, pur in un’area urbana con un’alta concentrazione di strade ad alto traffico.
L’attenzione di ETRA al tema nasce anche dall’iniziativa presa dalla Commissione Europea, che ha incaricato la ECHA, European Chemicals Agency, di realizzare una rassegna di tutti gli studi disponibili sul granulato in gomma e suo PAH, idrocarburi policiclici aromatici, per analizzarne i risultati. Dal momento che la produzione di campi sportivi assorbe circa il 39% di tutta la gomma riciclata, «qualsiasi risultato negativo di questa ricerca – sottolinea ancora ETRA – produrrebbe in danno incalcolabile al settore del riciclo di pneumatici e aprirebbe una crisi nel settore della gestione dei PFU», di cui il continente è già praticamente sommerso.